Alla ricerca del forum perduto

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view post Posted: 19/2/2023, 12:11 Patrizia Todisco ti voglio bene! - Politica

Ex Ilva: attivista malata di leucemia: «Fermate il benzene killer»

Ambientalisti depositano esposto



Le associazioni ambientaliste riunite nel Coordinamento Taranto hanno depositato
un esposto in Procura attraverso il quale chiedono alla magistratura di indagare
sui picchi di benzene registrati in città nelle ultime settimane


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TARANTO - Le associazioni ambientaliste riunite nel Coordinamento Taranto hanno depositato un esposto in Procura attraverso il quale chiedono alla magistratura di indagare sui picchi di benzene registrati in città nelle ultime settimane, mettendoli in collegamento alle emissioni dello stabilimento siderurgico e aggiungendo che si tratta di una sostanza che l’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato come cancerogeno certo per l’uomo. Nel corso di una conferenza stampa, Alessandro Marescotti di Peacelink, Celeste Fortunato del movimento Tamburi Combattenti (attivista che si è ammalata di leucemia) e Bartolomeo Lucarelli di LiberiAmo Taranto hanno evidenziato come siano stati rilevati picchi orari di benzene anche di 43 microgrammi su metro cubo quando in California, ad esempio, il valore soglia è di 27 microgrammi. In Italia, hanno spiegato, invece non c'è un valore medio che tutela la salute. Nell’esposto sono state inserite le risposte fornite da Asl e Arpa alle richieste di informazioni presentate dall’eurodeputata Rosa D’Amato (Greens) e dal consigliere comunale Antonio Lenti (Europa Verde) da cui emergerebbe, secondo gli ambientalisti, «l'inerzia dell’ente di controllo Ispra e del Ministero dell’Ambiente». Alessandro Marescotti ha motivato il no del coordinamento ambientalista all’ultimo decreto cosiddetto salva-Ilva, presentando una «Moral suasion» chiamata «Offensiva della tenerezza» con l'invio ai parlamentari di «immagini e video che sono un pugno allo stomaco: bambini che si ammalano, eccessi di tumori, una condanna per troppe persone che hanno l’unica colpa di vivere a Taranto». «Auspichiamo che i parlamentari - ha detto Marescotti - votino secondo coscienza e non per disciplina di partito quando in aula, per Senato e Camera Deputati, si voterà per la conversione in legge del decreto che ripristina lo scudo penale».

«L'Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato il benzene come cancerogeno certo per l’uomo, evidenza associata all’insorgere delle leucemie, tra le quali quella da cui sono affetta, la mieloide acuta. Sulla base di tali evidenze, l’Organizzazione mondiale della sanità ha affermato che sono necessarie azioni da parte della sanità pubblica per ridurre l’esposizione al benzene nei lavoratori e nella popolazione in generale. Ma tutto questo sembra non interessare al potere politico». Così Celeste Fortunato, 45enne attivista tarantina, malata di leucemia, che ha raccontato il suo calvario nel corso di una conferenza stampa in cui le associazioni riunite nel Coordinamento Taranto hanno annunciato di aver depositato un esposto in Procura chiedendo alla magistratura di indagare sui picchi di benzene registrati nelle ultime settimane, che gli ambientalisti mettono in relazione alle emissioni dello stabilimento siderurgico Acciaierie d’Italia. Al potere politico «non interessano - ha aggiunto Celeste - le conseguenze sanitarie delle emissioni dell’Ilva che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha calcolato per il passato tra le 27 e le 43 morti premature ogni anno; non interessa che tra gli anni 2002 e 2015 siano nati 600 bambini con malformazioni congenite; non interessa che il latte materno sia contaminato, che una elevata percentuale di donne soffra di pre-menopausa e che negli uomini aumenti la sterilità». "La nostra - ha denunciato l’attivista - è una popolazione dimenticata dal potere politico che tuttavia è sempre così sollecito a emanare decreti legge per agire d’urgenza per dare continuità alla produzione e per fornire uno scudo penale che eviti nuovi processi come Ambiente Svenduto».

www.lagazzettadelmezzogiorno.it

view post Posted: 23/1/2023, 10:34 Patrizia Todisco ti voglio bene! - Politica

SULL' EX ILVA UNA PANTOMIMA INDECENTE


E' ora che la politica e i sindacati, con la società civile, fermino questa assurda messinscena


di Gianmario Leone

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Lo ammettiamo senza tanti giri di parole: probabilmente continuare a scrivere sull’ex Ilva è diventato un esercizio e un impegno del tutto inutile. Non certo per la complessità di una vicenda che seguiamo da circa 20 anni e che di certo non ci spaventa e mai ci ha spaventato. Ma guardando al bassissimo livello raggiunto sull’argomento da parte della politica, dei sindacati e della società civile, è palese come la battaglia per un’informazione vera, corretta, libera, civile e leale sia stata del tutto persa. Ciò non toglie però, che sia giusto e doveroso nei confronti dei cittadini-lettori, provare ancora una volta (fosse anche l’ultima) a fare il punto della situazione riportando con fedeltà la realtà dei fatti alla vigilia dell’ennesimo incontro romano e prima che possa nuovamente scatenarsi il solito caos mediatico che tutto e tutti travolge, allontanando sempre di più la verità e la possibilità di un’analisi seria ed approfondita sul presente e il futuro del siderurgico. Motivo per il quale, con questo articolo, cercheremo di smontare e smascherare le teorie più bizzarre degli ultimi tempi, per consentire al lettore di farsi un’opinione libera e disinteressata sulla più stretta attualità e sul prossimo futuro che ci attende.

Dunque, l’ultima vulgata in ordine di tempo è la richiesta di un cambio immediato della governance di Acciaierie d’Italia (società pubblico privata creata nel dicembre 2020 da un accordo tra l’allora governo Conte II e la multinazionale ArcelorMittal). In pratica si chiede al governo di effettuare l’aumento di capitale che doveva avvenire lo scorso mese di maggio ed è stato rinviato, con un accordo tra le parti, al maggio del 2024 per far sì che lo Stato, tramite Invitalia, arrivi a controllare da subito il 60% del capitale sociale della società che gestisce in fitto gli impianti del siderurgico tarantino, che ricordiamo ancora essere di proprietà della Ilva spa in Amministrazione Straordinaria (la cui procedura fallimentare è incapo al tribunale di Milano) gestita dai tre commissari straordinari. Secondo i richiedenti, tale cambio di governance produrrebbe come effetto immediato la ‘cacciata‘ dell’attuale amministratore delegato Lucia Morselli, o comunque la messa in minoranza del socio privato, reo di aver portato Acciaierie d’Italia ad un passo da un nuovo crac finanziario.

(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2022/12/2...ce-alternativa/)

Su queste colonne abbiamo già avuto modo di spiegare, attraverso diversi articoli (che trovate linkati in questa pagina), come la verità sia esattamente l’opposto di questa teoria. Perché la crisi di liquidità in cui versa l’azienda da due anni (decisamente accelerata dalla pandemia del 2020 e dalla guerra in Ucraina del 2022) è diretta responsabilità dello Stato, che non ha mantenuto fede agli accordi sottoscritti nel dicembre del 2020. Che molto semplicemente prevedevano da parte di Invitalia investimento pari a poco più di 2 miliardi: i 400 milioni di un primo aumento del capitale già versati nel 2021 (il secondo che dovrà essere effettuato nel 2024 è pari a 680 milioni di euro), più circa 700 milioni di garanzie per il finanziamento Sace, più 900 milioni di rimborsi e sostegni agli investimenti, variamente assortiti. Gli ultimi due interventi di natura finanziaria, come ha avuto più volte modo di ricordare anche il presidente di Acciaierie d’Italia Bernabè (che ricordiamo rappresenta il socio pubblico) non sono mai stati effettuati. Guarda caso, le somme in questione sono pari al prossimo finanziamento che il governo ha reso noto a fine dicembre (i 680 milioni di cui si parla insistentemente) e il miliardo di euro approvato con l’ultimo decreto che altro non é che l’intervento finanziario già approvato con il decreto Aiuti bis dal governo Draghi.

Ora. La nostra prima domanda è la seguente: siete sicuri che gli accordi tra le parti prevedano la possibilità di un cambio di governance? Da quanto sappiamo, ciò non è possibile e non è previsto. Secondo, cosa cambierebbe con un cambio di governance immediato? Improvvisamente la società non avrebbe più bisogno di liquidità? O arriverebbero nelle casse della società miliardi di euro a flusso continuo in aggiunta a quelli che lo Stato già le deve? Assolutamente no. E questo lo sanno tutti coloro i quali chiedono a gran voce tutto ciò. Perché allora lo gridano ai quattro venti? La risposta è fin troppo semplice: perché non hanno mai avuto e mai avranno il coraggio di dire la verità. E perché molti di loro, pur ricoprendo incarichi di un certo prestigio, neanche la conoscono.

Del resto, e qui iniziano i dolori, la mancanza di liquidità è strettamente legata alla mancata proprietà degli impianti che sono ancora oggi sotto sequestro. E sul cui futuro penda anche la possibilità di un’eventuale futura confisca quando sul processo ‘Ambiente Svenduto’ sarà scritta tra molti anni la parola fine da parte dell’ultimo grado di giudizio che emetterà la Cassazione. Non è un caso che la clausola principale dell’accordo del dicembre 2020 riguardi proprio il dissequestro di quest’ultimi. Che la Procura di Taranto, insieme alla Corte d’Assise, ha già bocciato una prima volta. E che con un’inchiesta dai contorni ancora poco chiari sui controlli effettuati da ISPRA e ARPA Puglia sull’attuazione delle prescrizioni del Piano Ambientale, sembra voler allontanare nel tempo sostenendo una tesi che ad oggi ai nostri occhi appare più contraddittoria che mai: ovvero che “neppure l’adempimento completo dei lavori Aia rappresenterebbe condizione sufficiente per il dissequestro“. Domanda: qualcuno pensa che con un cambio immediato della governance quegli impianti verrebbero immediatamente dissequestrati? Assolutamente no. Al netto del fatto che entro agosto il Piano Ambientale dovrà essere attuato e che probabilmente nel mese di settembre i commissari straordinari di Ilva in AS torneranno a chiedere il dissequestro alla Corte d’Appello (che affronterà il secondo grado di giudizio del processo ‘Ambiente Svenduto’), a febbraio partirà il riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale che potrebbe portare a nuove prescrizioni migliorative rispetto al Piano Ambientale del 2017. Che oramai si avvia alla sua completa attuazione e che ha dato i suoi frutti: ciò non toglie che sia sicuramente migliorabile e che lo dovrà e potrà essere qualora lo richiedano le autorità preposte.

(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2022/11/1...ione-di-soldi3/)

Eppure, secondo i nostri ‘eroi‘, la cacciata o la messa in minoranza di ArcelorMittal Italia, porterebbe nuova linfa vitale all’azienda e la proietterebbe verso una nuova era. Ma in che modo ciò dovrà avvenire nessuno lo spiega davvero. Del resto, a guardare i protagonisti di oggi, la totale assenza di contenuti non stupisce affatto.

Siamo rimasti francamente perplessi e stupiti, ad esempio, dell’alleanza nata da parte di Fiom, Uilm e Usb che da anni sostengono idee molto diverse sul futuro del siderurgico. La Uilm, che detiene più iscritti all’interno del siderurgico, non ha mai fatto mistero di essere totalmente contraria alla chiusura dell’area a caldo, dichiarandosi da sempre a favore di un’azienda che torni a produrre il massimo del tonnellaggio possibile annuale pur nel rispetto dei vincoli ambientali. L’Usb invece, propone da anni l’esatto opposto: la chiusura dell’area a caldo e l’eventuale conversione produttiva della fabbrica, accompagnata alla sottoscrizione di un Accordo di Programma stile Genova (cosa che tutti sanno essere del tutto irrealistica) per blindare il futuro occupazionale dei lavoratori che inevitabilmente sarebbero espulsi dal ciclo produttivo integrale una volta dismesso. La Fiom invece, negli ultimi anni ha cercato di sostenere una linea che fosse una via di mezzo tra le due: riconversione produttiva degli impianti inquinanti (con conseguente tutela dell’ambiente e della salute) e tutela dei livelli occupazionali. Eppure oggi, queste tre sigle, hanno stretto un’alleanza con l’unico obiettivo di cacciare il socio privato, per un deciso cambio di passo che dia una spinta decisiva ad un processo di transizione produttivo, ecologico e sociale, attraverso l’utilizzo dei fondi pubblici di prossimo arrivo. Cosa voglia dire tutto questo è francamente incomprensibile.

Come non bastasse, è stato fatto votare ai lavoratori diretti di Acciaierie d’Italia, di Ilva in AS e dell’appalto, un referendum nel quale sostanzialmente si chiedeva ai lavoratori se fossero d’accordo o meno con questa impostazione. A fronte di 6.111 voti validi, i sì sono stati 6.041, i no 70 (1,1%), le schede nulle 92 e le bianche 123. A leggere i numeri però, qualche perplessità ci sovviene. Perché se davvero questo referendum è stato sottoposto a tutti i lavoratori (come hanno riportato in diversi comunicati stampa gli stessi sindacati promotori), questo vuol dire che al netto di una totalità che raggiunge più o meno le 15mila unità, non avrebbe votato più della metà dei lavoratori. O comunque non più della metà. Il che qualche dubbio dovrebbe pur far sorgere nelle organizzazioni sindacali che invece dichiarano come la totalità dei lavoratori sia d’accordo con questa impostazione sindacale. Per non parlare del fatto che ci ha stupito non poco vedere, nelle foto della manifestazione romana dello scorso 11 gennaio, la presenza dell’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando. Colui il quale, nonostante la contrarietà e il disaccordo dei sindacati metalmeccanici, firmò la cassa integrazione straordinaria nella scorsa primavera. Eppure erano tutti insieme sorridenti. Ma come mai l’ex ministro Orlando firmò nonostante il mancato accordo con i sindacati? Perché nell’accordo del dicembre 2020 è messo nero su bianco che la cassa integrazione dovrà essere mantenuta per poi terminare a piano ambientale concluso quando la produzione potrà risalire.

Sarebbe troppo facile, come segnare un gol a porta vuota, ricordare ai sindacati che al tempo dei Riva nessuno mai si è sognato di cacciare il privato. E che sempre in quegli anni, gli stessi insieme a Confindustria Taranto (sulle cui vicende tanto abbiamo già scritto) ricorsero al Tar di Lecce contro il referendum consultivo promosso dall’associazione Taranto Futura che chiamava i cittadini di Taranto ad esprimersi su tre quesiti (anch’essi sicuramente alquanto particolari e finanche forse contradditosi e sul cui referendum mancò l’appoggio degli ambientalisti) sul futuro dell’ex Ilva. Ma evitiamo di addentrarci in simile polemiche. Anche se questo non vuol dire che abbiamo dimenticato cosa accadeva in quegli anni.

leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2022/12/0...onalizzazione2/)

Come non bastasse, negli ultimi tempi si è stretta attorno a questa visione un’alleanza che vede la presenza anche del Comune e della Provincia di Taranto nonché della Regione Puglia. E qui si potrebbe aprire davvero un capitolo infinito. Ma come, i sindacati che si allenano con un sindaco e presidente della provincia, Rinaldo Melucci, che ancora oggi chiede la chiusura dell’area a caldo e si mostra perplesso nella conversione produttiva che prevede la realizzazione dei forni elettrici? Quello stesso sindaco che ha cercato con un’ordinanza sindacale, che mai avrebbe potuto avere successo come abbiamo sempre scritto, di far chiudere gli impianti del siderurgico? Quello stesso sindaco che ha più volte candidamente dichiarato che il futuro di Taranto non potrà e dovrà essere più legato all’economia dell’acciaio? E che chiede da anni un Accordo di Programma di cui ancora oggi non conosciamo i contenuti? Quello stesso sindaco che nel 2018 incontrò (in gran segreto) l’allora ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda a Palazzo di Città in vista dell’imminente passaggio dell’azienda ad ArcelorMittal? E che il 7 settembre del 2018, all’indomani dell’accordo sindacale che aprì le porte all’era della multinazionale dichiarò testualmente: “Alla fine ha prevalso il buon senso in tutti, la politica strumentale ha fatto un passo indietro. Chi ha azzardato strampalate teorie ora dovrà giustificare al proprio corpo elettorale quanto successo. Taranto da oggi può guardare al futuro con maggiore fiducia. L’accordo odierno ricalca abbastanza fedelmente la piattaforma che avevamo contribuito ad allestire con il precedente ministro (Calenda)”. Quello stesso sindaco che poi, qualche mese dopo, cambiò radicalmente posizione e chiese, ottenendolo, il Riesame dell’AIA dell’ex Ilva che, detto per inciso, è finito in un vicolo cieco e di cui non se n’è fatto più nulla. E che oggi governa una maggioranza che non è in grado di presentare un ordine del giorno unitario sulla questione Ilva, preferendo presentarne tre diversi per poi far finire tutto a tarallucci e vino? E ci fermiamo qui, ma con gli esempi potremmo continuare all’infinito.

(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2022/12/1...a-per-taranto3/)

E che dire del sostegno della Regione Puglia guidata dal 2015 da Michele Emiliano? Che da sempre chiede anch’egli la chiusura dell’area a caldo proponendo un processo di decarbonizzazione che ad oggi non è stato mai chiarito in cosa consista davvero? Che sull’Ilva ha imbastito una guerriglia continua con l’ex premier Matteo Renzi quando i due battagliavano per il posto da segretario del Partito Democratico, ricorrendo più volte al TAR anche contro il Piano Ambientale del 2017 (venendo sempre platealmente sconfitto in punta di diritto, proprio lui che è un magistrato)? Che sosteneva che a vincere la gara internazionale per la gestione dell’ex Ilva dovesse essere la cordata capeggiata da Jindal, che dopo quella sconfitta prese in gestione gli impianti di Piombino dove non è stata nemmeno in grado di produrre un piano industriale degno di questo nome? Che non solo dichiara che se fosse per lui il siderurgico chiuderebbe anche domani ma che se fosse stato per lui quell’azienda non sarebbe mai stata costruita nei lontani anni ’60 del secolo scorso? Che negli anni ha capito quanto fosse utile, politicamente parlando, allearsi con la parte più oltranzista del movimento ambientalista tarantino, oltre che con il sindacato con le idee più vicine alle sue (l’Usb) e poi con il Movimento 5 Stelle (tanto da essersi avvicinato sempre più all’ex premier Conte fondando un movimento politico chiamato ‘Con‘ e portandosi in maggioranza alcuni dei consiglieri regionali eletti nel Movimento)? E che negli anni è stato capace di creare un centro di potere enorme, vastissimo, che gli ha portato consensi politici insospettabili e che gli ha permesso di gestire da lontano ma in maniera molto oculata la politica tarantina e non solo? E che ha saputo molto abilmente dare alla città di Taranto tante piccole grandi opportunità economiche e appoggi romani (tramite il fedelissimo Boccia) che mai avremmo potuto avere? Che alle ultime due tornate elettorali ha saputo imporre al Partito Democratico, che non è il suo partito perché non può iscriversi ad esso, i nomi dei politici da blindare e portare a Roma, tra cui quel Pagano che è di Bari ed è un suo fedelissimo ma è stato eletto per ben due volte nel collegio di Taranto?

leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2022/12/0...ittura-darrivo/)

Viene da chiedersi come sia possibile che oggi si sia formato un fronte di questo tipo. Senza dimenticare, ovviamente, il Movimento 5 Stelle. Che trova sempre il modo di infilarsi dappertutto e di affermare e sostenere tutto e il contrario di tutto. Che nel 2018 stravinse le elezioni politiche conquistando tutti i collegi pugliesi (anche a Taranto, ovviamente, con moltissimi elettori di sinistra ed operai Ilva che votarono il Movimento), con la promessa di chiudere a Taranto le fonti inquinanti. Con l’allora ex ministro allo Sviluppo economico, l’indimenticabile Luigi Di Maio, che nell’estate di quello stesso anno sostenne come la gara internazionale che aveva vinto ArcelorMittal fosse irregolare e per questo si rivolse all’Avvocatura di Stato e all’ANAC, che però gli dissero chiaro e tondo che si sbagliava non poco. Cosa che lo costrinse a firmare l’accordo del 6 settembre 2018. Quello stesso Movimento che poi, dopo aver governato con la Lega di Salvini, pur di non lasciare quel potere tanto vituperato e criticato per anni, si alleò con la parte politica a parole sempre odiata, il Partito Democratico. Con il quale pensò bene, nell’autunno 2019, di far decadere l’esimente penale fornendo ad ArcelorMittal uno dei tanti assist che portarono la multinazionale a chiedere il recesso del contratto d’affitto. L’ex premier Giuseppe Conte e l’allora ministro allo Sviluppo economico Patuanelli promisero di imbastire la causa legale del secolo: sappiamo tutti com’è finita, con l’accordo del dicembre 2020, con lo Stato costretto a rimangiarsi le minacce e ad entrare come socio per evitare un risarcimento danni miliardario. I danni di quelle scelte li stiamo pagando ancora oggi e sono sotto gli occhi di tutti. Movimento che qui a Taranto ha nel senatore Mario Turco, braccio destro di Conte, uno dei suoi massimi esponenti. Che ha avuto anche la gestione del CIS Taranto per un anno, molto vicino all’indotto ex Ilva nel suo lavoro di commercialista, molto vicino al sindaco Usb come diversi elementi del Movimento 5 Stelle tarantino. E che sull’Ilva, come tutti gli altri citati prima (e non solo loro) ne spara almeno una al giorno.

(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2022/10/2...in-lieva-calo2/)

Eppure, tutto questo una logica ce l’ha eccome. Perché il ritorno dello Stato, permetterebbe a tutti di tornare a recitare un ruolo di primo piano nella gestione attuale e futura del siderurgico. Non è un segreto ad esempio, che i partiti politici di cui sopra, da tempo mirino alla possibilità di ottenere un posto nel cda di Acciaierie d’Italia. O che mirassero a ruoli di primo piano dentro Invitalia. Allora sì che aprire una crociata senza quartiere contro il socio privato per far tornare il controllo della fabbrica al socio pubblico ha più di un motivo. Ma anche qualora tutto questo dovesse avvenire, ma non accadrà, non risolve il problema di fondo: ovvero come gestire e trasformare la grande fabbrica nei prossimi anni. Semplicemente perché non sanno assolutamente come farlo. Perchè straparlano senza avere alcuna competenza sull’argomento. Perché hanno contribuito negli anni a far sì che tutta questa vicenda venisse talmente tanto ingarbugliata da arrivare a non sapere più dove sia la verità. Anche e soprattutto grazie ad una stampa locale e nazionale del tutto inesistente se non connivente, per i soliti tornaconti personali, con queste posizioni al di fuori dalla realtà.

Abbiamo volutamente tenuto fuori da questo articolo tutte le altre falsità che i nostri eroi, insieme al variegato movimento ambientalista locale sul quale preferiamo stendere l’ennesimo velo, raccontano sulla situazione ambientale e sanitaria di Taranto e sulla vicenda legata all’esimente penale (di cui comunque abbiamo già riferito in altri articoli). Torneremo ad occuparcene. Nella speranza che prima o poi tutta questa pantomima indecente conosca una fine. Cosa di cui, purtroppo, dubitiamo alquanto. Auguri.

(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2022/12/3...ce-il-decreto2/)

www.corriereditaranto.it

view post Posted: 18/9/2022, 11:19 Patrizia Todisco ti voglio bene! - Politica

La crisi dell’ex Ilva non passa mai:

dal caro energia alle accuse di operai e indotto fino alle bollette di Eni.

“Taranto va via via spegnendosi”


Le aziende che ruotano all'impianto di Taranto annunciando che a breve potrebbero fermarsi,
dopo aver già dilazionato i tempi per pagare le fatture. La stessa richiesta che Acciaierie d'Italia
ha fatto al Cane a sei zampe che vantava un credito di 285 milioni di euro.
Mentre le ferie dei dipendenti vengono trasformate in cassa integrazione
e si "terzializzano" le attività con 3mila operai a casa.
E adesso arriva l'autunno difficile: "Nella siderurgia è la realtà più preoccupante"


di Andrea Tundo

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L’ultimo grido d’allarme è arrivato dall’indotto, senza tanti giri di parole: “Mancano le commesse in quanto lo stabilimento va via via spegnendosi. Di questo passo tutte le aziende presto potrebbero fermarsi”. La scia di cahiers de doléances su Acciaierie d’Italia si è arricchita la scorsa settimana, inglobando anche gli industriali tarantini. Da un lato lamentano di aver già “sostenuto” l’azienda allungando i termini dei pagamenti e dall’altro sostengono che gli “sforzi” non vengono premiati: “Non vediamo alcuna prospettiva”, hanno messo nero su bianco in attesa del saldo delle loro fatture. L’acciaieria di Taranto, già nel mirino dei sindacati per una sterminata sequela di azioni intraprese dal management pubblico-privato che oggi guida il primo produttore in Italia, sta affrontando l’ultima bufera, quella legata al caro energia che sta soffocando un settore energivoro come la siderurgia. Il rischio di allontanare il momento del rilancio è sempre più elevato, così il governo è dovuto intervenire con l’iniezione di 1 miliardo di euro per sostenere la cassa ed evitare l’aggravarsi della crisi di liquidità.

I ritardi con le bollette Eni
L’ad Lucia Morselli era stata chiara: “La carenza è quella del circolante, che non nasce adesso ma c’è da due anni, quindi siamo limitati nell’acquisto delle materie prime e della produzione via via da monte a valle. Noi vogliamo un’azienda con un futuro e per averla serve finanza visto il costo dell’energia”. La fotografia del momento vissuto da Acciaierie d’Italia – oggi controllata da ArcelorMittal e partecipata da Invitalia – è nitida nella relazione finanziaria allegata alla semestrale di un’altra azienda statale, Eni. Al 30 giugno scorso, il Cane a sei zampe vantava “un credito commerciale per forniture di gas naturale al cliente (…) dell’ammontare di circa 285 milioni, di cui 98 milioni scaduti e ulteriori 80 milioni in scadenza al 15 luglio”. L’ex Ilva, insomma, non ha pagato le bollette e “reclama, tra l’altro, un allungamento delle dilazioni di pagamento”, si leggeva sempre nei conti del colosso degli idrocarburi di cui aveva già parlato l’Huffington Post. Nessuna minaccia di ‘spegnere la luce’, come avvenuto nel 2014, quando Eni dichiarò di essere pronta a interrompere le forniture. Uno scenario che comporterebbe il blocco delle cokerie e l’azzeramento della produzione.

Fiom: “Taranto la realtà più preoccupante”
Il problema, per il momento, è stato tamponato con un’apposita garanzia da 300 milioni firmata da ArcelorMittal, aveva spiegato Morselli: “Senza questa, avremmo dovuto ridurre al minimo la produzione, a un livello solo per proteggere gli impianti”. Il quadro, visto il caro bollette, è destinato ad aggravarsi nei prossimi mesi. Lo testimoniano i trend del mercato dell’acciaio e l’evoluzione dei costi per produrlo. “A gennaio i costi energetici per la produzione di una tonnellata di acciaio in un altoforno era di 720 euro. Ad agosto ce ne volevano 845. Costi destinati ad aumentare, se non ci saranno interventi per calmierare i prezzi”, spiega a Ilfattoquotidiano.it Gianni Venturi, responsabile nazionale siderurgia della Fiom-Cgil. “Quanto sta avvenendo e i problemi che l’ex Ilva si trascina dal passato più o meno recente rischiano di far peggiorare la situazione del gruppo. In un quadro problematico per tutto il settore, Acciaierie d’Italia è la realtà che ci preoccupa maggiormente”, sottolinea Venturi parlando di scenari “d’incertezza” per il mercato dell’acciaio nel prossimo trimestre e almeno in parte nel 2023.

E Mittal spegne gli altoforni in mezza Europa
Le mosse di ArcelorMittal in Europa raccontano bene il prossimo futuro. Il colosso che gestisce l’ex Ilva ha spento due altoforni in Francia, uno in Polonia e fermato gli stabilimenti di Gijon e Brema, rispettivamente in Spagna e Germania, dove già nelle scorse settimane la produzione era concentrata in alcune fasce orarie. I forni elettrici, ha spiegato il direttore generale Roland Bastian, vengono sostanzialmente fermati nei momenti della giornata in cui il prezzo dell’energia è maggiore. Lo scenario è tutto fuorché favorevole, perché il mercato globale dell’acciaio – dopo un 2021 con richieste record – ha una domanda debole nello stesso momento in cui i costi per alimentare gli impianti sono schizzati. I prezzi del mercato Ue, tra l’altro, sono in aumento. Un fattore che ha spinto a un incremento delle importazioni e i produttori, compresa ArcelorMittal, si lamentano per il costo aggiuntivo imposto sulle emissioni di CO2. La marcia al minimo degli altoforni di Acciaierie d’Italia sembra un’ipotesi lontana, almeno per il momento, anche perché Taranto viaggia già a ritmo ridotto.

Il caso delle ferie diventate cassa integrazione
Però da mesi ormai l’azienda prova a tagliare tutto il tagliabile. Il ricorso alla cassa integrazione è massiccio da anni: dal 28 marzo il ricorso agli ammortizzatori riguarda 3mila dipendenti, di cui 2.500 a Taranto. E negli ultimi mesi i sindacati hanno più volte stigmatizzato l’uso che si sta facendo della trasformazione in cigo dei giorni di ferie. È avvenuto anche ad agosto, nonostante l’esposto presentato il 20 luglio dai sindacati all’Ispettorato territoriale del lavoro e all’Inps. Un perseverare che le segreterie nazionale di Fim, Fiom e Uilm hanno definito una “provocazione dal sapore di sfida al governo e alle istituzioni”. Acciaierie d’Italia “sta superando ogni limite”, hanno attaccato le sigle metalmeccaniche. Uno “scellerato modus operandi” che “prosegue indisturbato violando leggi e contratto”. In estate, sottolineano i sindacati, oltre alle ferie “sono stati trasformati in cassa integrazione anche i permessi legge 104, i riposi maturati in seguito alle turnazioni e per donazione sangue”. Uno “scempio di enorme vastità” di fronte al quale Fim, Fiom e Uilm parlano di “derisione” dei ministri Giancarlo Giorgetti e Andrea Orlando, chiedendosi perché il governo “rimanga inerme”.

Le attività “terzializzate”
Le lamentele dei sindacati nelle ultime settimane hanno riguardato anche alcune attività “terzializzate” e assunzioni “in contrasto con l’accordo” firmato il 6 settembre di quattro anni fa, quando venne perfezionato il passaggio ad ArcelorMittal. Nelle aree Parco calcare e Forni a calcare dell’impianto di Taranto, ha denunciato il coordinamento provinciale dell’Usb, mentre i dipendenti sono in cassa integrazione “vengono terzializzate” le attività. In sostanza, personale di esercizio e conduttori dei mezzi, nonché addetti alla manutenzione e tecnici specializzati sarebbero di “aziende esterne” che “applicano contratti capestro” e “lavorano in condizioni al limite, anche per la sicurezza”. Il tutto, ha sottolineato l’Unione sindacale di base, con le ditte esterne che “subiscono i ritardi nei pagamenti”. Una vicenda che rientrerebbe in un “progetto mirato”. Quale? I mezzi di lavoro non vengono né manutenuti né sostituiti e quindi, ormai usurati, non possono essere utilizzati: un modo per “giustificare – ad avviso dell’Usb – l’assegnazione delle attività a nuove ditte dell’appalto, che costano meno e che vengono pagate in ritardo”.

“A Genova assunti fuori bacino”
La Rsu della Fim-Cisl dell’impianto di Genova ha invece recentemente sostenuto che l’ex Ilva ha assunto personale “in contrasto con l’accordo di programma” firmato da ArcelorMittal il 6 settembre 2018: “Le risorse da impiegare in azienda andrebbero in primis cercate all’interno dello stabilimento e in seconda battuta nel bacino di lavoratori di Ilva in Amministrazione Straordinaria ancora in attesa di una proposta di assunzione”. Nel 2018 la multinazionale dell’acciaio si era infatti impegnata ad assumere tutti i lavoratori finiti in Ilva in As entro il 2023: “Al momento ce ne sono ancora 230, quindi non capiamo per quale motivo si debba procedere con assunzioni esterne”, denunciano i metalmeccanici Cisl, oltretutto mentre si fa un “utilizzo ancora troppo alto di cassa integrazione spesso programmata con criteri errati”. La palla sta per passare al prossimo governo, l’ottavo a ritrovarsi il dossier sulla scrivania da quando, dieci anni fa, iniziò il lento declino del gigante d’acciaio. Una crisi che non passa mai.

www.ilfattoquotidiano.it

view post Posted: 20/2/2022, 12:23 Castigat ridendo mores - Una risata li seppellirà

LA STORIA SI RIPETE?

Sono passati 30 anni da quando i giudici di Milano
hanno scoperto quel che tutti sapevano.
Una ferita profonda nella corruzione, che però
non ci ha impiegato molto a rimarginarsi.




Roberto Mangosi

view post Posted: 20/2/2022, 12:19 Quel gran genio di Michele Serra! - Cultura
Guarda che non sono io

Da un paio di giorni furoreggia (non solo sui famigerati social, anche su quotidiani quasi autorevoli) il seguente dibattito: è giusto pentirsi di avere fatto satira su Craxi, come dichiara Serra? Segnalo un problema, e lo segnalo, sia ben chiaro, non perché coinvolga il sottoscritto, ma perché mette a nudo la terrificante insulsaggine di alcuni meccanismi mediatici che nemmeno meritano l'impegnativa definizione di fake. Si tratta, più banalmente, di stupidità al cubo.

I fatti. Circa un anno fa concedo una lunga intervista ad Antonio Nasso, che sta facendo un documentario su Tangentopoli. Parlo di Cuore. Della satira su Craxi e su Di Pietro (per la cronaca: eravamo meno giustizialisti noi di Cuore rispetto al Corriere della Sera e a Repubblica. Se non ci credete consultate gli archivi). Nel documentario leggo volentieri parecchi dei nostri titoli contro Craxi, furono decine, forse centinaia. Dico che ce n'è uno solo (uno solo!) che se tornassi indietro non rifarei: Pensiero stupendo, con Craxi dietro le sbarre. Perché non si ride sul carcere.

Capita che il "lancio" del documentario (un buon documentario) riporti quella mia frase. Solo quella mia frase: d'altra parte, è un lancio. Per sapere quello che ho detto, su Craxi, Cuore e Tangentopoli, bisognerebbe vedere il documentario. Ma evidentemente nessuno dei partecipanti al dibattito lo ha visto. Troppo faticoso. Si dibatte dunque, su "Serra il pentito". Ricevo mail: sei amico dei ladri. Non leggo i social, ovviamente, ma li immagino.

Una sola domanda. Quanti di voi, amici ed ex amici che discettate sul mio (inesistente) pentimento, hanno visto il documentario? Rispondo io per voi: nessuno. Discutete dunque tra voi. Io non c'entro. Come canta De Gregori: "Guarda che non sono io".


(Michele Serra)
view post Posted: 10/2/2022, 12:38 Edoardo Baraldi - Fuoriclasse

CAMOUFFLAGE

Papa Francesco in tv senza il bello della diretta, prigioniero del format

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CAMOUFFLAGE
by edoardo baraldi, su Flickr

view post Posted: 10/2/2022, 12:36 Renziadi - Una risata li seppellirà

GIUDICE

Open, Renzi denuncia i tre pm che hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio

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GIUDICE
by edoardo baraldi, su Flickr

view post Posted: 10/2/2022, 12:21 Spigolature laiche - Sono incredulo e me ne vanto

Sommersi dalla papolatria

Il devoto Fazio ci ha ammannito un’ora di religione
non dissimile da quella propinata nelle scuole.
Più cala il suo consenso, più la chiesa cattolica si annette ogni angolo in Rai.

di Raffaele Carcano

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Nessuno può sapere se, come sostengono i suoi fedeli, Dio sia realmente ovunque. Il sospetto è che a essere ovunque sia invece Bergoglio. È diventato il recordman delle prime volte per un papa, dal negozio di occhiali a quello di dischi. E non poteva quindi mancare la prima volta in un talk show: del resto, se ti fai intervistare per la Gazzetta dello Sport, perché non concedersi anche a Fabio Fazio?

Fazio non è un giornalista, ma un intrattenitore. Noto da anni per le domande concilianti che rivolge abitualmente ai suoi ospiti, poteva forse far eccezione proprio per il «Santo Padre»? A scanso di equivoci «il dono» era stato concordato preventivamente, e la registrazione è avvenuta in anticipo e successivamente montata. Nessuna sorpresa, quindi, per l’assenza di interrogativi sulla pedofilia, o sulle ingerenze politiche del Vaticano che hanno portato all’affossamento del ddl Zan. Così come sarebbe stato indelicato chiedere lumi al «Santo Padre» della sua incoerenza quando parla di equità fiscale (ma è il maggior beneficiario di esenzioni) o di povertà (ma è il più grande proprietario immobiliare del pianeta). Il devoto Fazio ci ha ammannito un’ora di religione non dissimile da quella propinata in tutte le scuole della Repubblica.

Il papa era stato posto così tanto a suo agio che si è persino permesso di definire il clericalismo «una cosa brutta», «una perversione» – e lo ha fatto nel preciso istante in cui ne godeva appieno (esigendolo 24/7, evidentemente intende per ‘clericalismo’ qualcosa di molto diverso dal significato attribuitogli dai vocabolari). Dopo aver ascoltato qualche banale dichiarazione su temi d’attualità, condivisibile da qualunque persona decente, ora però sappiamo che il papa ballava il tango, e che da piccolo voleva persino fare il macellaio. «Sgub!», avrebbe urlato Aldo Biscardi: e tali dichiarazioni sono state effettivamente enfatizzate da numerosi mezzi d’informazione, anche se erano note da diverso tempo. La stampa estera non ha mostrato particolare interesse per l’intervista, e i pochi che se ne sono occupati hanno sottolineato quanto sia stata compiacente.

Il problema è che la Rai è di proprietà pubblica, e dovrebbe quindi svolgere un servizio pubblico – laico e pluralista. E invece, dati incontrovertibili alla mano, è letteralmente occupata dai cattolici, con modalità così spudorate che l’aggettivo più idoneo alla descrizione del fenomeno è «totalitario». Vige infatti il pensiero unico. Non esiste un tg in cui non appaia il pontefice, eppure si riesce comunque a dargli spazio anche in altri programmi. Le critiche sono letteralmente vietate: è più facile che nevichi alle Maldive, piuttosto che un giornalista Rai si avventuri in qualche osservazione ficcante sul Vaticano. Tutti ricordano bene l’immediata rimozione di Roberto Balducci, ‘reo’ di aver ironizzato nel 2009 sullo scarso seguito di Ratzinger.

Più cala il consenso per la chiesa cattolica, più la chiesa cattolica si annette ogni angolo in Rai. Non è un paradosso. Il papa è ovunque perché ovunque la fede cattolica sta, se non scomparendo, quantomeno ridimensionandosi. Come un qualsiasi monopolista i cui articoli trovano sempre meno acquirenti, è costretta a moltiplicare gli sforzi per cercare di continuare a smerciarla. In un mercato concorrenziale pagherebbe a peso d’oro tale gigantesco product placement. In un’emittente gestita da politici clericali, si fa invece a gara a regalarglielo.

È questo, una volta di più, l’autentico problema di fondo. In Francia, l’unico candidato alle presidenziali che evoca apertamente il cattolicesimo è l’ultra-estremista Eric Zemmour. In Germania, la maggioranza dei ministri che compongono il nuovo governo ha scelto di non giurare su Dio. In Spagna, è lo stesso esecutivo a chiedere un’inchiesta sugli abusi sessuali del clero. Basta paragonarla a quella dei più importanti partner europei, per comprendere quanto la nostra classe politica sia abissalmente imbarazzante: accertato il suicidio della sinistra, l’arco parlamentare si divide ormai tra gli adoratori centristi di Bergoglio e quelli che, a destra, idolatrano il suo predecessore.

Qualcuno ha tirato sospiri di sollievo per le riconferme di Mattarella al Quirinale e di Draghi a Palazzo Chigi. Sarà. Insieme a Bergoglio, compongono la trinità di intoccabili che guida un paese immobile, che ha ormai esaurito qualsiasi spinta propulsiva.

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www.micromega.net

view post Posted: 26/1/2022, 11:20 Edoardo Baraldi - Fuoriclasse

QUIRINALE

la rosa dei nomi del centrodestra

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by edoardo baraldi, su Flickr

view post Posted: 26/1/2022, 11:17 COVID-19 - Società, Scienza e Tecnologia

Omicron, Pfizer e Moderna

pronte a far partire i test

per il vaccino calibrato sulla variante


Calibrare il composto per prevenire il Covid è stato reso necessario
perché la nuova mutazione di Sars Cov 2, rilevata per la prima volta
in Sudafrica e Botswana, è capace di "bucare" lo scudo opposto
dal vaccino riuscendo a infettare anche - come dimostrato
da un recente studio israeliano - chi ha ricevuto anche la quarta dose


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L’aggiornamento dei vaccini a Rna messaggero per contrastare la variante Omicron – come annunciato e previsto ormai da oltre un mese – è di fatto iniziato e Pfizer-Biontech e Moderna si apprestano a far partire i test clinici. Calibrare il composto per prevenire il Covid è stato reso necessario perché la nuova mutazione di Sars Cov 2, rilevata per la prima volta in Sudafrica e Botswana, è capace di “bucare” lo scudo opposto dal vaccino riuscendo a infettare anche – come dimostrato da un recente studio israeliano – chi ha ricevuto anche la quarta dose. Anche se la vaccinazione continua a proteggere da malattia grave e morte. E così inizia una nuova fase di test. Pfizer ha già avviato il reclutamento dei volontari, mentre l’altra azienda Usa – interpellata dall’Ansa – informa che è imminente la somministrazione della prima dose nello studio che partirà a breve. Nei giorni scorsi l’ad di Pfizer Bourla aveva spiegato che sperava che il vaccino aggiornato – che dovrebbe già disponibile in primavera – potesse coprire Omicron e le altre varianti.

Il vaccino ricalibrato per la variante ormai diventata dominante e responsabile dell’aumento di casi in Europa e non solo (con l’unica eccezione del Regno Unito che sembra aver superato il picco e avviarsi verso un calo) verrà testato da Pfizer su adulti fino a 55 anni. La sperimentazione non include persone oltre i 55 anni perché l’obiettivo – ha sottolineato la casa farmaceutica – è quello di esaminare la risposta immunitaria dei partecipanti e non già l’efficacia del vaccino. I volontari sono divisi in tre gruppi: il primo include individui che hanno ricevuto due dosi di vaccino Pfizer-BioNTech da 90 a 180 giorni prima e che riceveranno una o due inoculazioni del nuovo vaccino. Del secondo fanno parte persone che hanno avuto la terza dose, nello stesso periodo previsto, e a cui sarà somministrata sia una nuova dose del vaccino iniziale, sia una dose del vaccino progettato contro Omicron. Il terzo gruppo sarà composto da persone che non hanno ricevuto alcun vaccino contro il Covid e a cui saranno inoculate tre dosi di quello specifico contro Omicron. “Riconosciamo l’importanza di essere pronti nel caso in cui la protezione del vaccino diminuisca nel tempo e di aiutare a fronteggiare Omicron ed eventuali altre varianti future”, ha affermato Kathrin Jansen (responsabile vaccini Pfizer) in una nota. Ugur Sahin, amministratore delegato di BioNtech, ha osservato che la protezione del vaccino iniziale contro le forme leggere o moderate di Covid sembra diminuire più rapidamente contro Omicron: “Lo studio attuale prende il via nel quadro del nostro approccio scientifico per elaborare dei vaccini contro le nuove varianti che raggiunga un livello di protezione simile a quello contro le varianti precedenti, ma con una durata della protezione più lunga”.

www.ilfattoquotidiano.it

view post Posted: 15/1/2022, 10:28 Quel gran genio di Michele Serra! - Cultura
Perdere la guerra e non saperlo

Come quei soldati giapponesi rimasti alla macchia dopo il '45, i No Vax hanno perso la guerra, ma non lo sanno. La loro sconfitta è conclamata: pur essendo stretta minoranza, sono la maggioranza di quelli che intasano ospedali e terapie intensive. Ma a loro non vale ripeterlo, sarebbe inutile, parole al vento, si sono costruiti una loro miniatura di realtà ed è lì, ormai, che abitano. Pazienza, ripetano le loro litanie e si balocchino con le loro fole, come quel patetico professor Mattei che si paragona agli accademici che rifiutarono di prestare giuramento al fascismo. Vale la pena, però, ripeterlo a noi, e per noi: i vaccini sono stati uno scudo contro la morte e contro il collasso sociale. Non c'è dato che non lo indichi: uno per tutti il rapporto tra i contagiati e i morti prima e dopo l'arrivo del vaccino. Piuttosto che intimorirci o demoralizzarci per le urla di quella minoranza, posseduta dai suoi fantasmi, dovremmo dunque essere contenti dell'ampia risposta di fiducia e ragionevolezza che una larga maggioranza di italiani ha messo in campo. È un caso, questo, nel quale “maggioranza silenziosa” ha un significato sano. C'è un quid di conformismo e di sopraffazione, implicito nel concetto di “maggioranza”, che questa volta si dissolve. Senza scomodare la scienza, sono stati il buon senso e il realismo a organizzare la fila. L'istinto di conservazione della specie e il principio di solidarietà con gli altri. La sopraffazione è stata tutta a carico della minoranza, che ha scaricato sulla collettività le sue scelte e ancora le rivendica, anche se è in un letto di ospedale, affidata alle cure di medici e infermieri accusati, fino a un respiro prima, di essere servi del sistema.

(Michele Serra)
view post Posted: 15/1/2022, 10:16 ogni momento ha la sua melodia - Oh dolce melodia che m'allieti il cuor!
Gli U2 hanno pubblicato una nuova canzone intitolata "Your Song Saved My Life". Il loro nuovo brano fa parte della colonna sonora del film d'animazione 'Sing 2', uscito nelle sale cinematografiche il 22 dicembre, che vede il cantante del gruppo, Bono, doppiare una rock star solitaria di nome Clay Calloway.



www.rockol.it

www.youtube.com

view post Posted: 2/1/2022, 12:36 Una voce dai blogs - The others

Bielorussia. 970 prigionieri politici, di cui 32 operatori dei media

di Ekaterina Ziuziuk

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Per tirare le somme dell’anno in Bielorussia è sufficiente dare un’occhiata questa breve rassegna delle notizie degli ultimi giorni.

Il prigioniero politico giornalista Dzianis Ivanshyn è stato forzatamente rasato in carcere dove si trova da 294 giorni, di cui gli ultimi 107 non riceve la corrispondenza. Da 9 giorni si trova nella cella di punizione. Lo riporta sua moglie Volha Ivanshyna attraverso la propria pagina Facebook è la testata indipendente Novy Čas per la quale Ivanshyn lavorava.

Dzianis Ivanshyn è stato arrestato in seguito alla pubblicazione della sua inchiesta sui militari ucraini del corpo speciale Berkut impiegati nella soppressione violenta delle proteste di Euromaidan nel 2013-2014. Approdati in Bielorussia dopo lo scioglimento del reggimento, hanno partecipato alla brutale soppressione delle proteste pacifiche bielorusse.

Ivanshyn ha dimostrato che gli ex-ufficiali ucraini lavorano regolarmente nelle forze dell’ordine bielorusse. Ora è accusato di alto tradimento e rischia fino a 15 anni di reclusione. Tutto ciò dimostra quanto la sua inchiesta sia stata scottante per le autorità del regime dittatoriale bielorusso.

La direttrice e caporedattrice dell’agenzia dì stampa indipendente BelaPAN Iryna Leushyna rimane in carcere altri due mesi.

Il prigioniero politico Dzmitry Dubouski condannato a 18 anni di reclusione ha raccontato alla sorella le torture subite dopo l’arresto avvenuto 29 ottobre 2020: “mi soffocavano con un sacchetto di plastica, a Ihar Alinevich (prigionero politico arrestato insieme a Dubouski e condannato a 20 anni di reclusione, ndr) hanno tagliato via la pelle dei talloni”.

È stata arrestata Volha Anishchuk, moglie del prigioniero politico Artsiom Anishchuk.

Il canale telegram dell’ong per i diritti umani Viasna è stato messo sul registro dei media estremisti. Ora la condivisione dei post pubblicati sul canale telegram di Viasna costituisce ufficialmente un reato.

Gli inquilini della residenza Kaskad (Minsk) iscritti alla chat che ne unisce i residenti hanno ricevuto lo status di organizzazione estremista. Gli abitanti di Kaskad erano attivi nelle proteste pacifiche creando un nucleo di Resistenza al regime dittatoriale.

Il 21enne prigioniero politico Yahor Dudnikau è stato condannato ieri a 11 anni di reclusione.

Viktar Babaryka, l’ex favorito alle elezioni presidenziali del 2020 condannato a 14 anni di carcere duro, si trova in isolamento: le autorità proibiscono agli altri detenuti dì comunicare con lui.

Al blogger Aliaksandr Kabanau hanno sostituito il regime di detenzione a quello più duro. Si trova in carcere da un anno e mezzo.

I musicisti del gruppo Idorarth sono stati condannati a 1,5 anni di reclusione. Piotr Marchanka, Yuliya Marchanka e Anton Shnip sono colpevoli di aver sfilato suonando i cornamusa durante le manifestazioni pacifiche dell’anno scorso.

La Bielorussia è il centro geografico dell’Europa, le notizie di cui sopra risalgono agli ultimi giorni di dicembre dell’anno che sta per concludersi. Per l’ultimo dell’anno il designer bielorusso Vladimir Tsesler ha fatto un collage con le foto dei prigionieri politici bielorussi (nella foto). Il titolo dell’opera è “Happy New Year, Belarus! A fragment of a big congratulation” (Felice Anno nuovo, Bielorussia! Un frammento di tanti auguri).

I prigionieri politici in Bielorussia al 31.12.2021 sono 970, di cui 32 operatori dei media.

Il blog di Articolo 21

1618 replies since 31/10/2010